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IL PASSO DI DYATLOV

Aggiornamento: 24 set 2022





Questo incidente, avvenuto nel 1959, è ancora oggi fonte di mistero: nove escursionisti professionisti scompaiono nella taiga sui monti Urali, uno dei luoghi più impervi della Terra. In questo blog potrete seguire la vicenda per immagini, grazie al nostro Podcast,




Perché è un mistero?

Dal sito https://dyatlovpass.com/

Molte delle informazioni che ascolterete sono tratte da molti siti che si sono occupati della questione (ovviamente per la maggior parte in lingua inglese - https://dyatlovpass.com ). Vi sarà un focus anche sul popolo Mansi, all'epoca sospettato della sparizione, e teorie credibili e incredibili.

Cerchiamo di proporvele per capire anche il vostro punto di vista.



La storia in breve

Alcuni ragazzi avevano formato un gruppo per intraprendere un'escursione con gli sci di fondo attraverso gli Urali settentrionali, nell'oblast' di Sverdlovsk (Свердло́вская о́бласть).

Il gruppo, guidato da Igor Djatlov, era composto da otto uomini e due donne; la maggior parte di loro erano studenti e neolaureati dell'Istituto Politecnico degli Urali (Уральский Политехнический Институт, УПИ), oggi Università federale degli Urali. I componenti erano:

  1. Igor Alekseevič Djatlov (Игорь Алексеевич Дятлов), capospedizione, 13 gennaio 1936, di anni 23

  2. Zinaida Alekseevna Kolmogorova (Зинаида Алексеевна Колмогорова), 12 gennaio 1937, di anni 22

  3. Ljudmila Aleksandrovna Dubinina (Людмила Александровна Дубинина), 11 gennaio 1936, di anni 23

  4. Aleksandr Sergeevič Kolevatov (Александр Сергеевич Колеватов), 16 novembre 1934, di anni 24

  5. Rustem Vladimirovič Slobodin (Рустем Владимирович Слободин), 11 gennaio 1936, di anni 23

  6. Jurij Alekseevič Krivoniščenko (Юрий Алексеевич Кривонищенко), 7 febbraio 1935, di anni 23

  7. Jurij Nikolaevič Dorošenko (Юрий Николаевич Дорошенко), 12 gennaio 1938, di anni 21

  8. Nikolaj Vladimirovič Thibeaux-Brignolles (Николай Владимирович Тибо-Бриньоль), 5 giugno 1935, di anni 23

  9. Aleksandr Aleksandrovič Zolotarëv (Александр Александрович Золотарёв), 2 febbraio 1921, di anni 38

  10. Jurij Efimovič Judin (Юрий Ефимович Юдин), 1937, di anni 22 (tornò indietro)

L'obiettivo della spedizione era raggiungere l'Otorten (Отортен), un monte che si trova 10 chilometri più a nord rispetto al punto in cui avvenne l'incidente. Il percorso scelto, in quella stagione, era valutato di terza categoria, vale a dire la più difficile. Tutti i membri della spedizione avevano alle spalle esperienza sia di lunghe escursioni sugli sci sia di spedizioni di montagna.

Il gruppo arrivò il 25 gennaio in treno a Ivdel', una cittadina che si trova al centro della parte settentrionale della oblast' di Sverdlovsk. Andarono quindi fino a Vižaj (Вижай), l'ultimo insediamento abitato prima delle zone che intendevano esplorare, a bordo di un camion. Il 27 gennaio si misero in marcia da Vižaj verso l'Otorten. Il giorno seguente, uno di loro, Jurij Judin, fu costretto a tornare indietro a causa di un'indisposizione.[2] A questo punto il gruppo si componeva di nove persone.

I diari e le macchine fotografiche ritrovati attorno al loro ultimo campo rendono possibile ricostruire il percorso della spedizione fino al giorno precedente all'incidente. Il 31 gennaio il gruppo arrivò sul bordo di un altopiano e iniziò a prepararsi per la salita. In una valle boscosa depositarono il cibo in eccesso e l'equipaggiamento che sarebbe dovuto servire per il viaggio di ritorno. Il giorno dopo, il 1º febbraio, gli escursionisti cominciarono a percorrere il passo. Sembra che avessero progettato di valicare il passo e accamparsi per la notte successiva dall'altro lato, ma a causa del peggioramento delle condizioni climatiche, che scaturì nell'inizio di una tempesta di neve, la visibilità calò di molto e persero l'orientamento, deviando verso ovest, verso la cima del Cholatčachl'. Quando capirono l'errore commesso, decisero di fermarsi e accamparsi dove si trovavano, sul pendio della montagna, probabilmente in attesa del miglioramento delle condizioni climatiche.


Le ricerche

Era stato precedentemente concordato che, non appena fossero rientrati a Vižaj, Djatlov avrebbe telegrafato alla loro associazione sportiva.

Si pensava che questo sarebbe dovuto accadere non più tardi del 12 febbraio, ma anche quando tale data era trascorsa senza che fosse giunto alcun messaggio, nessuno reagì in quanto un ritardo di qualche giorno in simili spedizioni era una cosa piuttosto normale. Solo quando i parenti degli escursionisti chiesero che fossero organizzati dei soccorsi, il capo dell'istituto mandò un primo gruppo di soccorso composto da studenti e insegnanti volontari il 20 febbraio.[2] In seguito, vennero coinvolti anche la polizia e l'esercito, ai quali fu ordinato di partecipare alle ricerche utilizzando aeroplani e elicotteri.


La tenda degli escursionisti

Il 26 febbraio fu ritrovata la tenda abbandonata sul Cholatčachl'. La tenda era molto danneggiata e da questa si poteva seguire una serie di impronte che si dirigevano verso i boschi vicini sul lato opposto del passo, circa 1,5 km a nord-est, ma dopo 500 metri scomparivano nella neve. Sul limitare della foresta, sotto un grande cedro, la squadra di ricerca trovò i resti di un fuoco, insieme ai primi due corpi, di Jurii Krivoniščenko e Jurij Dorošenko, entrambi scalzi e vestiti solo della biancheria intima. Tra il cedro e il campo furono ritrovati altri tre corpi, Djatlov, Zina Kolmogorova e Rustem Slobodin, morti in una posizione che sembrava suggerire che stessero tentando di ritornare alla tenda.[2] I corpi erano lontani l'uno dall'altro, rispettivamente alla distanza di 300, 480 e 630 metri dall'albero di cedro.


Il cedro dove vennero ritrovati due corpi

I quattro escursionisti rimasti furono cercati per più di due mesi. Vennero infine ritrovati il 4 maggio, sepolti sotto un metro e mezzo di neve in una gola scavata da un torrente all'interno del bosco sul cui limitare, a mezzo chilometro di distanza, sorgeva il cedro.



L'indagine La tenda come venne trovata dai soccorritori il 26 febbraio 1959. La tenda era stata squarciata dall'interno e la maggior parte degli sciatori era corsa via in calzini o a piedi nudi.

Dopo il ritrovamento dei primi cinque corpi partì immediatamente un'inchiesta legale. Un primo esame medico non trovò lesioni che avessero potuto condurre i cinque alla morte e si concluse così che fossero deceduti per ipotermia. Il corpo di Slobodin aveva una piccola frattura cranica, giudicata però non così grave da poter essere letale.[6]

L'autopsia dei quattro corpi trovati nel mese di maggio complicò il quadro della situazione: il corpo di Thibeaux-Brignolles aveva una grave frattura cranica e sia Dubinina che Zolotarev avevano la cassa toracica gravemente fratturata. Secondo il dottor Boris Alekseevič Vozroždennyj (Борис Алексеевич Возрожденный), la forza richiesta per provocare fratture simili era estremamente elevata e la paragonò alla forza sviluppata da un incidente stradale. Da notare che i corpi non mostravano ferite esterne, come se fossero stati schiacciati da una elevatissima pressione e la donna era inoltre priva della lingua, di parte della mascella e degli occhi.[2] In realtà, sia i traumi che la "sparizione" della lingua possono essere facilmente spiegati: la gola dove vennero trovati era sufficientemente profonda per provocare danni di quell'entità in caso di caduta e l'intervallo di tempo trascorso tra la morte e il ritrovamento dei corpi favorì la decomposizione di questi ultimi, come ben visibile dalle foto scattate dai soccorritori.

Inizialmente si suppose che gli indigeni Mansi potessero aver attaccato e ucciso gli escursionisti per aver invaso il loro territorio, ma le indagini mostravano che la natura delle morti e la scena ritrovata non supportavano tale tesi; le impronte degli escursionisti, da soli, erano ben visibili e i corpi non mostravano alcun segno di colluttazione corpo a corpo.[2]

Anche se la temperatura era molto rigida (tra i −25 e i −30 °C) con una tempesta di neve che infuriava, i corpi erano solo parzialmente vestiti. Alcuni avevano solo una scarpa, altri non le avevano affatto o indossavano solo i calzini.

Una spiegazione di questa circostanza potrebbe essere spiegata da un comportamento chiamato spogliamento paradossale, che si manifesta nel 25% dei morti per ipotermia. In tale fase, che tipicamente si verifica nel passaggio tra uno stato di ipotermia moderato a uno grave, mentre il soggetto diventa disorientato, confuso e aggressivo, tende a strapparsi i vestiti di dosso avvertendo una falsa sensazione di calore superficiale e finendo così per accelerare la perdita di calore corporeo.

Il corpo di Dyatlov

Dal momento che alcuni corpi vennero ritrovati avvolti in pezzi di vestiti stracciati non appartenenti a loro, si ipotizza che essi vennero tolti ai rispettivi appartenenti dopo la morte, in maniera tale da permettere ai sopravvissuti di coprirsi meglio.

Alcuni giornalisti riportarono le parti accessibili del fascicolo dell'inchiesta che dicevano che:

  • sei membri del gruppo erano morti per ipotermia, mentre gli altri tre per una combinazione di ipotermia e traumi fatali;[9]

  • non esistevano tracce della presenza di altre persone nella zona né nelle aree circostanti;

  • la tenda era stata lacerata dall'interno;

  • le tracce che partivano dal campo suggerivano che tutti i membri lo avessero lasciato a piedi, di comune accordo;

  • le vittime erano morte tra le sei e le otto ore dopo aver consumato l'ultimo pasto;

  • a confutazione della teoria di un attacco da parte dei Mansi, il dottor Boris Vozroždennyj affermò che i traumi fatali dei tre corpi non potevano essere stati provocati da un altro essere umano «perché la potenza dei colpi era stata troppo forte e al contempo non aveva danneggiato alcun tessuto molle»;[2]

  • analisi forensi avevano mostrato che i vestiti di alcune delle vittime presentavano alti livelli di contaminazione radioattiva.


Il verdetto finale fu che i membri del gruppo erano tutti morti a causa di una «irresistibile forza sconosciuta». L'inchiesta fu ufficialmente chiusa nel maggio 1959 per "assenza di colpevoli". Secondo alcune fonti, i fascicoli furono mandati in un archivio segreto e le fotocopie del caso, con alcune parti comunque mancanti, furono rese disponibili solo negli anni novanta ma altre smentiscono totalmente questi fatti, affermando che il caso non venne mai classificato e che le parti mancanti consistevano in una busta all'interno della quale c'era solo della comune corrispondenza.


(Fonte Wikipedia)


Segui quindi la nostra puntata dove cercheremo di capire insieme chi o cosa possa aver ucciso questi nove escursionisti...

Sei pronto al mistero?!







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